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Anno 1186 A.C.: il Pentateuco, integrato dal libro di Giosuè, è l’unica testimonianza “storica” che narra le vicende del popolo ebraico durante la sua permanenza in Egitto, l’esodo e la conquista della Palestina. Al di fuori di esso, se si eccettua la frase: “Israele è desolato, non c’è più il suo seme”, incisa su una stele del quinto anno del regno di Merenptah, il nulla più assoluto. Non una parola è contenuta nelle cronache del Medio Oriente che possa confermare quelle vicende. Per questo storici ed esegeti hanno fatto a gara nel mettere in dubbio l’attendibilità della loro fonte primaria, narrando quei fatti a propria fantasia, spesso negandoli e comunque ambientandoli nelle epoche e nei contesti più disparati, con il risultato di rendere quella storia inverosimile e del tutto incomprensibile. In questo saggio l’autore restituisce verosimiglianza e verità storica a quelle vicende che egli ricostruisce in maniera perfettamente aderente al testo biblico, nella convinzione della sostanziale integrità di una tradizione popolare che racconta i fatti come sono stati vissuti e capiti dai loro protagonisti e testimoni oculari e tramandati senza travisamenti premeditati. La chiave per comprendere appieno questi avvenimenti è stata l’utilizzo delle numerose e puntuali informazioni di carattere temporale contenute nel testo biblico che inquadrano i fatti narrati in un sistema di date precise, ambientandoli in un contesto storico univoco e integrandoli in maniera perfetta nella storia di quel periodo, facendo combaciare il racconto biblico con i documenti egizi.
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“…Sono un torrente di montagna nato fra i picchi, conosco il sole e il gelo, ho in me il sale delle rocce; continuo a scavare il mio percorso con immutata pazienza, facendomi strada fra i sassi che la montagna stessa mi fa ruzzolare addosso perché io possa ancora prendermi il tempo per farmi ascoltare e per continuare a raccogliere le sorprese che sempre mi riserva il Castagnaio mentre tento la via del mare…” Il romanzo 'La voce del fiume' è il ritorno della protagonista ai propri luoghi d’origine alla ricerca delle radici perdute perché senza di esse è più difficile andare avanti, specie in una società ingannevole e ambigua com’è quella nella quale si trova a vivere. Le donne che ritroverà sono donne che vivono da sempre su quella montagna; ben prima di ogni battaglia per l’emancipazione, sono diventate consapevoli di sé, dedite alla sacralità della vita, all’importanza dei legami con la terra e tutti i suoi abitanti, uomini e animali, bambini e vecchi. Sono donne silenziose e scabre, essenziali e assolute, raccontate nei loro gesti quotidiani, in un presente storico che le fissa in immagini emblematiche come le figure di un presepe.
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Continuano le avventure di Hima Terra, neo Vice Questore aggiunto della Polizia a Pisa. Dalla solo apparente tranquillità della citta toscana, la vicenda si allarga in Europa e più precisamente a Veliko Tarnovo, un’amena località a poche ore da Sofia nota per ospitare una roccaforte medievale: la fortezza di Tsarevets. Là ha sede Cruciatus, una potente organizzazione criminale che opera nell’oscuro e torbido mondo del dark web decisa a prendersi con ogni mezzo il monopolio del mercato delle perversioni. Da Pisa a Veliko un alternarsi di rocamboleschi eventi farà incontrare personaggi che mai si sarebbe pensato di trovare in quelle circostanze, mentre un ultimo colpo di scena rimetterà tutto in discussione lasciando il lettore col fiato sospeso in attesa dell’epilogo finale.
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Io mi bacio da sola” è la mia prima raccolta poetica e racchiude le ultime poesie che ho scritto e che sono molto personali e intime. Questa raccolta custodisce una varietà di emozioni che ho filtrato col mio respiro, che hanno otturato la mia pelle, che ho sfiorato senza talvolta volere, contro cui ho combattuto le mie battaglie. Racchiude scetticismo. Racchiude rabbia. Racchiude indipendenza. Il titolo nasce proprio da questa volontà: di voler riaffermare la mia indipendenza. Un’indipendenza in primis in quanto donna di natura prevalentemente emotiva, talvolta sentimentale, incarcerata dentro un solo termine: bacio. Un bacio rivolto verso me stessa.
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La storia del Teatro del Giglio è intimamente legata da oltre un secolo a quella di Giacomo Puccini. Dalla prima rappresentazione di un’opera pucciniana al Giglio (Edgar, 1891) il teatro lucchese ha messo in scena, quasi ogni anno, un lavoro del grande musicista lucchese, con un successo sempre crescente e che non conosce pause. Questo testo ripercorre la storia di tutte le rappresentazioni pucciniane al teatro di Lucca. È un percorso affascinante attraverso oltre 100 anni di storia del teatro lucchese, mediante i quali è possibile anche rivivere momenti culturalmente rilevanti della storia della città. La storia delle opere di Puccini al Giglio ci proietta in una vicenda appassionante, in cui si alternano grandi cantanti, direttori d’orchestra, registi e ci offre il ritratto di una città sempre attenta e curiosa di fronte alla musica del suo più grande figlio.
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Se vi capitasse di passare a Napoli, state bene attenti perché un essere completamente vestito di nero, cupo e ambiguo, potrebbe derubarvi di quanto di più caro possediate al mondo: la vostra storia.
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“La storia che racconto è totalmente inventata eppure vera. Via via che scrivevo mi accorgevo di attingere continuamente a ricordi stratificati dentro di me. Personaggi strani, situazioni particolari si proponevano e talvolta si imponevano perché li fissassi sulla carta. È stato particolarmente emozionante scoprire che stavo scrivendo non solo di esperienze personali ma anche di ciò che da bambina mi era stato raccontato o solo ascoltato nei discorsi domestici e che era diventato parte di me. Oggi che manca quella dimensione che veleggia tra realtà e fantasia costituita dalla trasmissione orale di storie antiche e affascinanti, questa mia narrazione è in qualche modo uno stimolo a recuperarla. A questo passato di ambienti naturali e di legami umani oggi scomparsi, mi sono ispirata per narrare questa storia che è una vera e propria fiaba per adulti”.
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Melissa non ha mai incontrato fisicamente il personaggio filo conduttore di tutti i racconti. Ispirata dalla sua voce, Melissa compie in ogni racconto un viaggio dentro se stessa, nei recessi della sua anima, alla ricerca di un senso da dare alla propria vita. Lui le appare quasi sempre in momenti cruciali, portandole conforto e serenità e infondendole nuova linfa vitale, Luce e speranza con le sue parole intrise di umanità. Diventa per lei una sorta di guida spirituale, la sua STELLA POLARE. Ogni racconto racchiude in sé un messaggio di amore per la vita, instillando nella protagonista una maggiore consapevolezza e una nuova saggezza.
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Confessione scioccante ed introspettiva di una giovane donna vittima di violenza domestica, Eva è l’espressione grandiosa di una femminilità repressa dal senso di abnegazione, assoggettata ad una virilità illecita, mortificata nella propria sensualità, privata del diritto a vivere la maternità e dei propri diritti di identità e libertà. Sceglierà, in maniera inconsapevole, di cedere al Senso naturale e legittimo di essere soprattutto se stessa. Moglie, amante, adultera, contesa, amata, giudicata e vittima del proprio giudizio, ma soprattutto donna.
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Nel cuore della città di Lucca, a due passi dalla centralissima piazza San Michele, c’è una piccola strada, via di Poggio, che conduce in un’altra piazzetta, detta Cittadella, in cui dal 1994 si innalza una statua, omaggio della città al suo più grande figlio: Giacomo Puccini. Appunto in via di Poggio il piccolo Giacomo nacque il 22 dicembre 1858. Questo volume ripercorre la vita del Maestro seguendone il percorso artistico, ma anche le influenze che i vari luoghi e incontri hanno avuto sulla sua produzione: dagli anni di formazione a Lucca e a Milano, con la nascita delle prime opere, alla fama raggiunta con Manon Lescaut, fino all’incompiuta Turandot. Il tutto senza tralasciare i momenti più complessi della sua vita e della sua produzione artistica, che frequentemente ha vissuto fasi di ripensamento e modifiche più o meno sostanziali.
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Proposti in un ordine che capovolge la più antica sequenza dell’annuale fecondità (in base alla quale si disponevano i mesi dalla primavera all’inverno), i racconti che compongono il volume Stagioni (sognate) tracciano il percorso di un anno che solo in apparenza viene scandito dalla cronologia. Questo particolarissimo anno sognato smentisce ogni linearità dell’esperienza in un rincorrersi sfumato di percezioni, trasalimenti e memorie. Nessuna pretesa di realismo – se non quello che appartiene al sentimento e alle verità del cuore – caratterizza queste cinque brevi narrazioni che piuttosto si volgono verso la dimensione del mito e verso la leggenda. Partecipe dei sussulti e dei trasalimenti dell’animo umano – anzi, protagonista autentica, insieme agli uomini, di queste pagine – è la natura, la cui voce, fatta di foglie e di petali, di nuvole e di vento, non suona mai uguale, ma ritorna, appunto, stagione dopo stagione.
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36 lettere inedite di Alfredo Catalani. Un autentico Vaso di Pandora che Daniele Rubboli apre a poco a poco per non perdere nessuno dei segreti che permettono di far nuova luce su questo autore passato alla storia come “Il Cenerentolo della Musica Italiana”. Un’occasione per sapere di più della vita e dell’arte di questo compositore spesso, anche a sua insaputa, in bilico tra la vita e la morte. I suoi amori di uomo, le sue passioni artistiche, le sue smanie per i viaggi, le sue ansie per i familiari che si ammalano e muoiono, per le sue opere programmate a fatica nei teatri, per gli imprevisti della vita che gli impongono cambiamenti di programma fastidiosi, ci danno finalmente un quadro più umano dell’autore della “Wally” mettendo anche in più nitida luce tutto il suo teatro e la sua poetica. Rubboli mette a fuoco anche il mondo teatrale di quegli anni che non vive più solo nel mito di alcuni artisti, ma è costellato da un piccolo esercito di cantanti e direttori d’orchestra che hanno fatto felice il pubblico di fine Ottocento. Così le 36 lettere, diventano quasi un romanzo.